Gli antibiotici, purtroppo, non sempre si rivelano efficaci nella lotta contro la malattia di Lyme, una patologia subdola trasmessa all’uomo attraverso le punture di zecche infette. Recenti ricerche hanno evidenziato un elemento cruciale di questa sfida: il batterio Borrelia, responsabile della malattia, è in grado di formare strutture tridimensionali resistenti, note come biofilm. Questo studio, condotto dall’Istituto Dermatologico San Gallicano Irccs in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma e l’Università di Lubiana, offre nuove prospettive sulla resistenza agli antibiotici.
La malattia di Lyme in Italia
In Italia, si registrano annualmente almeno 500 casi di malattia di Lyme, ma gli esperti ritengono che il numero effettivo sia significativamente più alto. Le regioni settentrionali, come il Friuli Venezia Giulia, la Liguria, la Lombardia, il Veneto e il Trentino Alto Adige, risultano essere le più colpite. I sintomi iniziali possono manifestarsi con eritemi cutanei, come l’eritema migrante, ma se non trattata prontamente, la malattia può progredire, interessando il sistema nervoso e le articolazioni. La ricerca, pubblicata sulla rivista Frontiers in Cellular and Infection Microbiology – Veterinary and Zoonotic Infection, ha svelato meccanismi fondamentali che consentono al batterio di persistere nell’organismo umano.
Analisi dei ceppi di Borrelia
Nel corso dello studio, i ricercatori hanno esaminato 12 ceppi di Borrelia isolati da pazienti con eritemi tipici delle fasi iniziali della malattia. Grazie a tecniche avanzate di biologia molecolare e test di efficacia degli antibiotici, è emerso che le specie Borrelia afzelii e Borrelia garinii mostrano una particolare abilità nel formare biofilm, i quali compromettono l’efficacia di antibiotici comunemente utilizzati come il ceftriaxone e la doxiciclina. Questi risultati sono fondamentali per comprendere come il batterio riesca a eludere i trattamenti tradizionali.
Il ruolo del biofilm nella resistenza agli antibiotici
Il biofilm, come spiegano gli autori dello studio, è una comunità di batteri racchiusa in una matrice protettiva composta da polisaccaridi, proteine e acidi nucleici. Questa pellicola non solo ostacola la penetrazione degli antibiotici, ma compromette anche l’efficacia delle risposte immunitarie del nostro organismo. Finanziata dall’Associazione Lyme Italia e Coinfezioni, questa ricerca rappresenta un passo significativo nella comprensione dei meccanismi alla base delle infezioni da Borrelia. Fulvia Pimpinelli, responsabile della Microbiologia e Virologia dell’Istituto San Gallicano, sottolinea l’importanza di questi risultati, che potrebbero orientare lo sviluppo di terapie più efficaci per i pazienti affetti da sintomi persistenti.
In conclusione, la battaglia contro la malattia di Lyme si fa sempre più complessa, ma studi come questo offrono nuove speranze per migliorare le strategie terapeutiche e affrontare la resistenza agli antibiotici.