ALT: "Dazi Usa minacciano l'export agroalimentare italiano: vino, olio e formaggi a rischio."
l'italia preoccupata per l'export agroalimentare nel 2025: dazi usa colpiscono vino, olio e formaggi italiani

Dazi Usa: l’Italia teme per l’export agroalimentare, colpiti vino, olio e formaggi

Il Made in Italy agroalimentare affronta una sfida senza precedenti nel mercato americano. Con l’introduzione di nuovi dazi fissati al 15%, l’export italiano rischia di subire perdite considerevoli, colpendo in particolare settori cruciali come vino, olio e formaggi. Questa situazione critica è emersa in seguito all’accordo siglato a Bruxelles tra Ursula Von der Leyen e Donald Trump, suscitando preoccupazioni tra gli operatori del settore.

L’allerta degli esperti

A lanciare l’allerta è stato Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani, che ha definito l’intesa come una vera e propria capitolazione piuttosto che un accordo vantaggioso. Nel 2024, l’Italia ha esportato verso gli Stati Uniti prodotti alimentari per un valore di 7,8 miliardi di euro, e ora si teme di vedere azzerati i margini di profitto in settori fondamentali come il vitivinicolo, l’olio extravergine d’oliva, la pasta, il riso e l’industria casearia. Le ripercussioni potrebbero estendersi anche all’indotto, creando un clima di forte preoccupazione.

Fini ha evidenziato che, sebbene si sia evitato un dazio del 30%, i prossimi giorni saranno decisivi, in attesa della lista doganale ufficiale. La tensione rimane alta, con timori per le ripercussioni occupazionali e il possibile riposizionamento competitivo a favore di Paesi terzi sul mercato statunitense.

Settori sotto pressione: vino, olio e formaggi

Il settore vinicolo è indubbiamente il più vulnerabile. Gli Stati Uniti rappresentano un mercato da quasi 2 miliardi di euro all’anno per il vino italiano. Nel 2024, il Prosecco Dop ha generato 491 milioni di euro solo negli USA, seguito dai rossi toscani Dop con 290 milioni, dai rossi piemontesi Dop a 121 milioni e dai bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia, che esportano quasi la metà della loro produzione negli Stati Uniti.

Il timore è che il nuovo assetto dei dazi possa avvantaggiare i concorrenti internazionali, come il Malbec argentino, lo Shiraz australiano e il Merlot cileno, i quali potrebbero approfittare dei rincari italiani per conquistare quote di mercato.

La situazione non è migliore per l’olio extravergine d’oliva, dove gli Stati Uniti si confermano il principale mercato extra-Ue per l’Italia, con 100 mila tonnellate esportate e un valore vicino al miliardo di euro nel 2024. Tuttavia, il dazio del 15% potrebbe spingere i distributori verso oli più economici provenienti da Turchia, Sud America e Tunisia, riducendo la competitività del prodotto italiano. Ciò potrebbe anche generare un eccesso di offerta interna in Europa, portando a cali dei prezzi e ulteriori difficoltà per i produttori.

Nel settore caseario, prodotti come la Mozzarella di Bufala e il Pecorino romano, molto richiesti nell’industria alimentare statunitense, rischiano di subire rincari tali da rendere preferibili alternative locali o asiatiche.

Pressione sulle imprese e rischio aumento prezzi interni

Un altro aspetto critico riguarda la tenuta delle imprese agroalimentari italiane, che si trovano a dover affrontare costi doganali maggiori in un contesto già instabile a causa della volatilità del cambio euro-dollaro. Secondo la Cia, molte aziende potrebbero assorbire solo in parte l’impatto dei dazi, trasferendo il resto sui consumatori finali. Questo meccanismo rischia di far lievitare i prezzi interni e frenare la domanda, con effetti a catena sui consumi nazionali.

Anche il comparto di pasta, riso e farine, con un export stimato in 2 miliardi di euro annui e quasi mezzo milione di tonnellate vendute, potrebbe subire un impatto significativo. Le aziende del settore temono un effetto domino: da un lato, una perdita di competitività, dall’altro, potenziali tagli occupazionali, a meno che non si intervenga con politiche di compensazione o nuove intese commerciali.

In questo contesto, l’industria agroalimentare italiana si trova a un bivio, con la necessità di adattarsi rapidamente per mantenere la propria posizione sul mercato globale. La situazione è complessa e richiede attenzione e strategie mirate per affrontare le sfide future.